Carlo III Show - 1 parte


Salve a tutti, mi presento.
Io sono Carlo Sebastiano di Borbone ma molti di voi mi conosceranno con il nome di Carlo I durante il ducato di Parma e Piacenza oppure con il nome di Carlo III quando ero re di Sicilia.
Sono il primogenito di Filippo V di Spagna e Elisabetta Farnese e durante la mia infanzia mia madre si impegnò per fare il modo che io ricevessi una corona in Italia in quanto ero solo terzo nella linea di successione al trono spagnolo.
Mia madre riuscì nel suo intento, infatti nel 1731 ottenni il ducato di Parma e di Piacenza e nel 1732 mi dichiararono Gran principe del Granducato di Toscana.
Ero molto fiero di me stesso, ma mancava ancora qualcosa per esserlo completamente, fu cosi che nel 1734 durante la guerra di successione polacca al comando delle armate spagnole ottenni anche il regno di Napoli e quello di Sicilia.
Come se non fosse abbastanza l’anno successivo fui incoronato re delle due Sicilie a Palermo, anche se ancora oggi non ho ben capito come mai si chiamassero “due” Sicilie visto che uno delle due era il territorio di Napoli, forse volevamo solo sembrare più potenti avendo due sicilie invece che una sola.
A dimostrazione del fatto che non esiste nessuno migliore di me vi voglio informare che riuscii a inaugurare un nuovo periodo di rinascita politica, ripresa economica e culturale, che cosa volevano in più quei cittadini!!.
Evidentemente si erano sparse voci in giro riguardanti la mia bravura e grandezza nel fare il mio lavoro, così dopo la morte di mio fratellastro Ferdinando VI, di cui rimasi molto addolorato, mi chiesero di prendere il suo posto sul trono di Spagna con lo scopo di modernizzare il paese…beh non potevano scegliere una persona   migliore potrei dire.
Entriamo più nello specifico, voglio parlarvi di quando ebbi l’idea di voler costruire qualcosa di grande e prestigioso che rimanesse nella storia, fu così che nacque il teatro di San Carlo a Napoli.
Per la realizzazione della mia idea lavorarono duramente due architetti, ed è per questo che vorrei venissero qui vicino a me Giovanni Antonio Medrano e Angelo Carasale, facciamogli tutti un caloroso applauso. 
Carlo III: “Il merito della realizzazione del teatro è vostro, avanti spiegateci come lo avete costruito”
Giovanni: “Prima di tutto voglio dirvi che è veramente un piacere per me essere qui con voi oggi. Beh allora, parliamo del teatro, io e il mio collega Angelo abbiamo deciso di collocarlo lateralmente su piazza Trieste e Trento dove si trovavano le grandi opere architettoniche del periodo, tra le quali le regge borboniche, perché di conseguenza anche la nostra era un costruzione bella e importante. 
Infatti su quest’ultima cosa non ci sbagliavamo, il nostro teatro divenne il simbolo di una Napoli che rimarcava lo status di grande capitale europea.
Io fino ad ora ho parlato del teatro di San Carlo in modo abbastanza generico, passo la parola al mio collega Angelo Carasale che entrerà più nei dettagli.”
Angelo: “Si salve, come ha già annunciato il mio collega, vi parlerò più nello specifico del nostro teatro.
Costruimmo un edificio così grande che poteva ospitare più di 1300 spettatori e si trovava anche una grande platea con cinque ordini di palchi disposti a ferro di cavallo più un ampio palco reale, un loggione ed un palcoscenico.
Facemmo un edificio così bello che tutti lo avrebbero voluto avere nella propria città e fu così che diventò il modello per i successivi teatri in Europa. Devo dire che siamo stati abbastanza bravi no?”
Carlo III: “Bene, vi ringrazio molto per le vostre precisazioni e vi saluto.”

Ma ormai mi conoscete e sapete quanto io sia vanitoso, ed è per questo che voglio dare una precisazione in più sul teatro. Secondo voi, avrei mai potuto ideare un tale edificio che non portasse il mio nome? Certo che no. Per questo il teatro fu inaugurato il 4 Novembre del 1737, proprio per il giorno del mio onomastico.
Inoltre avevo invitato come ospiti anche Domenico Sarro e Pietro Metastasio che furono i primi a portare le loro opere nel mio teatro, ma mi dispiace dirvi che non sono potuti venire, quindi li salutiamo e li ringraziamo lo stesso.
A differenza di altre sedi della città che riportavano l’opera buffa, il mio teatro non poteva cadere in banalità e fu così che si limitò all’opera seria, ma per lo stesso motivo chiamai ad esibirsi sul palcoscenico soltanto persone di grande talento, provenienti dai più importanti conservatori della città come ad esempio Giacomo Tritto, Domenico Sarro e Carlo Broschi.
Non per vantarmi, ma il mio teatro divenne pian piano così famoso da attirare illustri artisti di fama internazionale, ma non posso dirveli tutti adesso dal momento che sono moltissimi, vi dirò soltanto i più celebri che tutti voi conoscerete di sicuro.
Da chi potrei iniziare se non dal giovane Mozart, che poi tutti sappiamo come col tempo lui sia diventato eccellente nella musica, ma vorrei precisare che “iniziò” la sua carriera proprio nel mio teatro.
Come se non fosse abbastanza avere nel proprio teatro un giovane Mozart, ospitai nel 1762 le prime assolute dell’opera “l’Alessandro nell’Indie, di Johann Christian Bach.
Non voglio intrattenervi troppo sul solito argomento quindi passiamo oltre, parliamo adesso della porcellana di Capodimonte dove nella prima metà del ‘700 io e mia moglie Maria Amalia di Sassonia fondammo la Real Fabbrica di Capodimonte.
Visto che non possiamo farci raccontare direttamente da Marco Polo la diffusione dell’arte della porcellana chiedo a mia moglie di venire vicino a me, visto che è un’appassionata di quest’arte per raccontarci la storia.

Maria Amalia: “Salve, sono onorata e ringrazio mio marito per darmi l’opportunità di poter raccontare della mia passione per la porcellana e della sua storia.
Attraverso approfonditi studi sono riuscita a risalire alle origini di quest’arte. Si sviluppò inizialmente in Europa nei primi del duecento grazie ai viaggi che fece Marco Polo che durante il suo soggiorno a Pechino importò dalla Cina una sorta di proto-porcellana ovvero una ceramica di pasta dura. La gente durante questo periodo ammirava sbalordita gli oggetti incapaci di replicarli. 
Soltanto verso il cinquecento a Firenze presso i laboratori di alchimia di Francesco I de’ Medici si ottenne un tipo di porcellana di pasta tenera che molti di voi però conosceranno con il nome di porcellana medicea, ma essa non è lontanamente paragonabile alla tecnica che tutt’ora viene utilizzata, erano infatti presenti screpolature o bolle sugli oggetti, non sembra però che questi esperimenti siano sopravvissuti per la successiva storia della porcellana.
Come vi ho precedentemente detto era presente una forte imperfezione tecnica che venne risolta e studiata nel XVII secolo presso l’accademia des Sciences in Francia e la Royal Society in Inghilterra che cominciarono a studiare il problema della fabbricazione.
Nel 1770 uno studioso di nome Johann Friedrich Böttger scopre la composizione della porcellana e si tratta appunto della fusione di caolino e feldspato, grazie a questa scoperta iniziarono a nascere le prime vere fabbriche di porcellana.”
Carlo III: “Bene, credo che mia moglie sia stata molto esauriente sulla storia della ceramica, la salutiamo e la ringraziamo”.

Adesso vorrei parlarvi, come già annunciato prima, della Real Fabbrica di Capodimonte che io e mia moglie abbiamo fondato. 
La fondammo nel 1743 a Napoli presso la famosa reggia di Capodimonte, posso affermare con sicurezza che questa tipo di lavorazione, che io e mia moglie abbiamo creato, non finirà mai, ma devo però ammettere che questa mia idea è diventata così importante grazie a dei principali collaboratori tra cui il chimico belga Livio Ottavio Schepers e il decoratore piacentino Giovanni Caselli.
La porcellana che veniva prodotta in questa zona è ben distinta da quella del nord Europa, ma per essere più preciso vorrei che fosse proprio il chimico Livio Ottavio Schepers a parlarne.

Livio Ottavio: “Grazie Carlo per avermi dato la parola in tale argomento. 
Parliamo appunto delle differenze della nostra porcellana dalle altre, prima di tutto c’è da dire che nella porcellana da noi creata non è presente il caolino per tanto l’impasto è una fusione di argille provenienti dalle cave e insieme a quest’ultime viene unito come da origine in feldspato. 
Abbiamo fatto questa variazione per far si che l’impasto sia tenero e dal colorato latteo che lo renda originale. Definisco la porcellana con l’aggettivo “tenero” perché durante la cottura si ritira di circa il 20% prendendo un aspetto più armonioso e naturale.”
Carlo III: “Livio Ottavio devo dire che hai espresso a pieno quello che era necessario dire, ma ti interrompo per sottolineare un’ultima cosa. 
La porcellana prodotta nella Real Fabbrica nel parco di Capodimonte veniva marchiata con il Giglio Borbonico decorato in colore azzurro sottovernice o incusso.”

Rimanendo in tema della porcellana, feci commissionare per mia moglie un suo salottino privato fatto in porcellana che oggi si trova nella reggia di Capodimonte, vi darò adesso delle informazioni generali per poi passare la parola a mia moglie per entrare nei particolari.
vi dirò quindi che il salottino di porcellana di mia moglie è un’ambiente di stile rococò rivestite da lastre di porcellana bianca con decorazioni ad alto rilievo con festoni e scenette di genere.
Fu una creazioni tra le più felici della civiltà del ‘700 napoletano, e rappresentò la più alta creazione in poco tempo della Real Fabbrica di Porcellana di Capodimonte. Ma adesso per vedere nel particolare la storia e la costruzione del salottino farei parlare mia moglie, essendo appunto la “proprietaria” del salottino.
Maria Amalia: “Si eccomi di nuovo, non vedo l’ora di parlarvi del mio salottino del quale vado molto fiera.
Il mio “salottino” fu commissionato alla manifattura della porcellana, ma tuttavia posso dire con orgoglio di aver avuto una forte influenza nelle indicazioni e nella supervisione perché insomma, volevo che il mio salottino venisse davvero bello e proprio come lo volevo io.
Si tratta di un ambiente rettangolare interamente ricoperto con tremila pezzi di porcellana bianca, meglio abbondare no?. Ma non finisce qua, il soffitto invece è a stucchi rocaille, ovvero un’imitazione della porcellana.
Per realizzare questa raffinata stanza fui impegnata per ben tre anni e per la complessità del progetto furono coinvolti anche maestranze esterne della Real Fabbrica, fui quindi aiutata da intagliatori, stuccatori e doratori…non doveva mancarmi niente, doveva essere bellissimo!!.
Insieme a me mi aiuto a dirigere le indicazioni per la realizzazione, ornamentista Mattia Gasparini e lo scultore del legno Gennaro di Fiore che lavorarono già per mio marito, così ero sicura delle loro capacità e della loro bravura.
Il 10 Maggio 1759 finalmente avevamo finito il mio progetto, ma purtroppo non ebbi mai la possibilità di passare le mie giornate all’interno del mio salottino perché io e mio marito per cingere alla corona dovemmo partire per la Spagna…rimasi così delusa che mi rimisi subito a lavoro per replicarla nella residenza di Aranjuez alle porte di Madrid, volevo a tutti i costi il mio salottino, me ne ero innamorata.
Vi dirò un’ultima cosa, la parte più interessante e originale del mio salottino che venne poi replicata in tutto il mondo fu l’introduzione per la prima volta della porcellana come unico materiale di rivestimento.
Insomma che ne pensate del mio salottino? Non sembra bello anche a voi?”
Carlo III: “Ma certo che è bello, sono sicuro che anche loro la penseranno così, grazie ancora per il tuo fondamentale intervento, accomodati pure”



Salottino di porcellana di Maria Amalia di Sassonia
Porcellana di Capodimonte


Commenti